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Altri Natali: 1947 (La Pulce)

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In Via delle Ripe, per Natale, Gesù Bambino portava sovente delle calze di lana fatte a mano.  Exultate ! D’inverno tenevano i piedi molto caldi negli scarponi. Altre volte, da un anno all’altro, portava delle muffole di lana fatte a mano.  Jubilate ! Niente era più caldo di quelle muffole. Dopo calze e muffole, a distanza di un anno, veniva quasi sempre la sciarpa di lana, anche lei fatta a mano.  Laudate Dominum ! Lunga e doppia come un manicotto a vento, proteggeva il collo dei bambini da ogni spiffero. Finito il triennio, il ciclo ricominciava.   Diciamolo subito: il lato più irritante di quei regali di Natale era la loro leggerezza. I bambini delle Ripe erano tutti d’accordo su quel punto. La notte tra il 24 e il 25 dicembre i bambini andavano a letto molto tardi: dopo la Messa di mezzanotte. Pochi istanti dopo sognavano tutti che passava un’ombra a deporre un regalo al fondo del letto. L’indomani, il risveglio era tormentoso. Da una parte tirava il desiderio la...

Zurigo 1967 (Recensione di Gabriella Mongardi)

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  Una notte d’ottobre un viaggiatore…  3 marzo 2024 GABRIELLA MONGARDI da Wikimedia Commons Com’è possibile? Un racconto di Silvano Gregoli che s’intitola   Zurigo 1967  si apre all’aeroporto di Bruxelles   (ma non perché l’io-narrante si stia imbarcando su un aereo per Zurigo: è ancora ben ancorato alla terraferma, e gli aerei si limita a guardarli decollare e atterrare), e contiene una sequenza dedicata addirittura alla Cuneo dei Savoia! Trovate tutto questo spiazzante, disorientante? Avete perfettamente ragione: in termini tecnici si chiama “straniamento” ed è l’effetto che un artista produce con la sua originalità, il suo sguardo ‘divergente’, anticonformista, sul mondo. Vi dà quasi fastidio, questo? No, adesso vi sbagliate, lasciate che vi spieghi. La trama del racconto si può riassumere in due parole: il protagonista-narratore, un italiano che da pochi mesi lavora a Bruxelles, viene mandato per un congresso a Zurigo. Lì, non avendo prenotato un albergo, va...

Dans les forêts de Siberie

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  Sylvain Tesson ha trascorso sei mesi di solitudine in una capanna di tronchi nella taiga siberiana, sulle rive del Lago Baikal, lontano da tutto.  Un bel giorno di aprile, di passaggio per lo sperduto borgo di Zavarotnoe, uno del posto gli affida due cuccioli di quattro mesi: Aïka, una femminuccia nera e Bêk, un maschietto bianco. Quel giorno, si aprono per lui le delizie di una nuova compagnia.  Ha tenuto un diario lungo sei mesi.  Di seguito, la traduzione – linguisticamente più fedele possibile al testo originale francese – degli ultimi tre giorni.    ***   26 luglio   [...] Sergueï passa a prendermi dopodomani. Lasceremo i cani a Iélochine; ci resteranno nell’attesa  di trovare un nuovo padrone, in un’altra capanna della riserva. Sono venuto qui senza sapere se avrei avuto la forza di restare, parto sapendo che ritornerò.  Ho scoperto che abitare il silenzio è una cura di giovinezza. Ho imparato due o tre cose che molti sanno...